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Sergio Pedemonte* - Claudio G. Vaselli

Breve nota sulle fratture del Monte Cravì (GE)

Prima pubblicazione su "Labirinti"  n. 10 GGN CAI Novara 1990
Rielaborazione illustrazioni e cartine
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*Centro Culturale Isola del Cantone

Nell'ambito delle ricerche effettuate sui "Conglomerati di Savignone”, formazione geologica oligocenica a cavallo delle province di Genova ed Alessandria, si è provveduto ad una prima ricognizione delle fratture di Monte Cravì (m 992) nel territorio comunale di Vobbia.
Già nel 1972 uno degli autori, 5. Pedemonte, insieme a Mauro Valerio Pastorino del Gruppo Speleologico “Issel'” di Genova, aveva localizzato alcune di queste fratture; sull'attuale catasto speleologico ligure, M. V. Pastorino ha successivamente segnalato il "Gruttin du Maggolù" (463 LiGe) a quota 760 avente lo sviluppo di m 25 e profondità di 5 m.

Fig. 1 - Quadro geografico

Quadro geografico

L'impervia zona si trova su uno spartiacque secondario della Val Vobbia. Il sentiero più facile (IGM 83 IV N.O. Isola del Cantone) per accedervi parte dalla frazione Caprieto in direzione sud: giunti sulla vetta del Cravì, le fratture si aprono poco sotto Vobbia, così come quelli più a nord della Val Borbera, si presentano come sede di fratture anche di notevoli dimensioni (Pedemonte & Vaselli, 1990), sia ubicate lungo i versanti di bordura dell'af fioramento singolo che nel suo interno.

Tali fratture, di varia e non conosciuta età, possono essere associate a fenomeni speleogenetici, in quanto è possibile che si creino grosse cavità verticali lungo le fratture maggiori, oppure che si riscontri la presenza di cavità ad andamento variabile e talora sub-orizzontale, tra i blocchi delle zone periferiche dell'affioramento o dello stesso detrito di falda (Pastorino & Pedemonte, 1972).

Fig. 2 - Colonna stratigrafica adimensionale delle formazioni geologiche presenti

Colonna stratigrafica

In generale nei conglomerati è difficile che si instaurino condizioni carsiche intese come dissoluzione del calcare da parte dell'acqua superficiale e percolante; è più corretto quindi parlare di condizioni pseudo-carsiche.
Negli affioramenti già studiati può esistere un campo di fratturazione piuttosto denso che rispecchia un comportamento rigido della Formazione, blocco duro e fragile sovrapposto a Formazioni più facilmente deformabili.

Le spaccature originatesi proprio in relazione a questi stati di tensione sarebbero poi ampliate dall'azione erosiva delle acque che in esse trovano zone di deflusso facilitato.
Sulla possibilità o meno che la singola spaccatura si generi, incide il diverso grado di coesione presente tra il cemento calcareo e i ciottoli: tale parametro è comunque determinante sullo sviluppo della frattura stessa.

Alcune osservazioni su pozzi impostati su fratture e riportati in bibliografia (Pastorino & Pedemonte, 1972) hanno accennato a fenomeni litogenetici come le concrezioni parietali che possono rendere più stabili nel tempo le cavità stesse.
Lo stesso drenaggio delle acque, che in condizioni normali può essere considerato come ininfluente nel conglomerato non fratturato, porta ad una costante formazione di corsi d'acqua superficiali spesso impostati su fratture.


LE FRATTURE DI MONTE CRAVI'

Il complesso di fratture localizzato dagli autori il 30 ottobre 1988 è disposto all'incirca 400N, poco sotto la vetta del monte omonimo. Grossi massi di conglomerato giacciono in bilico o incastrati tra queste spaccature in un' atmosfera suggestiva: il terreno naturale nasconde a volta le cavità e le radici crescono come ponti tra una parete e l'altra.
Non è stato possibile, almeno per ora, esplorare e catastare questi fenomeni: alcune di quelle visitate sono profonde 7-8 metri, con larghezze che vanno dal metro ai 3-4 e sul fondo presentano piccoli "inghiottitoi' che non sembrano comunque preludere a fenomeni del tipo “Pozzo del Negrin" (Pedemonte & Vaselli, 1990).

Fig. 3

Fig3

Non si sono osservate forme di carsismo o comunque speleogenetiche in senso stretto: una prima ipotesi di genesi delle fratture potrebbe essere tipo quella illustrata in Fig. 3, ma sottostante alla placca conglomeratica la carta geologica d'Italia 1:100.000, foglio "Rapallo", segnala i calcari di Monte Antola, rigidi e non compressibili. Solo un attento rilevamento geologico e fotointerpretativo del massiccio e della sua base può dare una spiegazione e riportare la fenomenologia ad un quadro esauriente.

Ci si trova comunque di fronte a un nuovo caso in bilico tra la tettonica, la deformazione di versante tipo "Lateral-spead" e la fratturazione tradizionale dei conglomerati; è probabile comunque che il sottostante flysch dell' Antola maggiormente erodibile dagli agento atmosferici e dal Torrente Vobbia provochi dei dissesti gravitativi di bordura nella placca conglomeratica particolarmente accentuati dalla morfologia e dall'assetto tettonico.

Fig. 4

Fig.4

A tutto questo va sommato l'interesse speleologico e ambientale perchè occorre ricordarlo, le pareti in conglomerato degradano per più di 200 metri verso valle e possono mascondere altre sorprese. Alla vista di queste larghe fratture riempite in basso dal terreno vegetale viene spontaneo il confronto con il Pozzo del Megrin che nonostante la stretta apertura si mantiene libero sino a - 107 metri; una prima considerazione potrebbe ricondurre alle diversità del tipo di drenaggio e quindi al reticolo idrologico superficiale e sotterraneo. Si può però anche ipotizzare che le fratture del Monte Cravì si aprano nel tempo dall'esterno verso l'interno e che restringendosi verso il basso si riempiano man mano di detriti; viceversa le fratture di tipo Pozzo del Negrin poterbbero aprirsi dall'interno dell'ammasso roccioso verso l'esterno in tempi geologici non troppo lunghi; sarebbero cioè sempre più giovani dal basso verso l'alto e non avrebbero ancora fatto in tempo a essere occluse di detriti.

Simbolicamemte e con esagerazione se i conglomerati fossero assimilabili ad una trave, nel caso di fig. 4 si avrebbero le fratture di tipo"Cravì, nel caso di fig. 5 quelle tipo "Negrin".

Fig. 5

Fig.5


BIBLIOGRAFIA

Lorenzo Capizzi, STUDIO GEOMORFOLOGICO E GEOMECCANICO DEGLI AFFIORAMENTI CONGLOMERATICI DI SAVIGNONE, Tesi di Laurea, Università di Genova, Istituto di Geologia, a.a. 1987-1988.

Mauro Valerio Pastorino e Sergio Pedemonte, NOTA PRELIMINARE FENOMENI SPELEOGENETICI NEI CONGLOMERATI DI VALLE SCRIVIA E VOBBIA IN PROVINCIA DI GENOVA, Atti XI Congresso Naz. di Speleologia, Genova, 1972.

Mauro Valerio Pastorino e Sergio Pedemonte, UNA SORPRESA NEI CONGLOMERATi, Notiziario Speleologico Ligure, Anno XIII, numero unico, 1980.

Sergio Pedemonte e Claudio Vaselli, CONSIDERAZIONI GEOLOGICHE E SPELEOGENETICHE SUL POZZO DEL NEGRIN 1OPIAL E SULLA TANA DEL TESORO 12 PIAL, Labirinti 10, Novara 1990.

Antonietta Sciutto, STUDIO GEOMORFOLOGICO E GEOMECCANICO DEGLI AFFIORAMENTI CONGLOMERATICI DI M.REALE (GENOVA), Tesi di Laurea, Università di Genova, Istituto di Geologia, a.a. 1987-1988.


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